Ecoristorazione, Roberto Cavallo ci racconta le best practice

A pochi giorni dall’Expo, il binomio alimentazione e sostenibilità si rincorre sempre più velocemente. Riteniamo possa essere utile approfondire il rapporto tra Ecoristorazione e riduzione dei rifiuti. Io Bevo lavora ogni giorno per offrire le migliori bevande analcoliche nella ristorazione collettiva, in armonia con il palato e l’ambiente, garantendo una forte riduzione dei rifiuti connessi al beverage. Per sapere quali sono i principali rifiuti nel settore della ristorazione e quali le best practice, abbiamo intervistato Roberto Cavallo – AD di Erica e vicepresidente del Comitato Scientifico per il Piano Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti del Ministero dell’Ambiente.

roberto-cavallo-erica-soc-coopQuali sono i principali rifiuti sia in termini di peso che di volume prodotti nel settore della ristorazione?

Certamente gli scarti alimentari. Anche se bisogna porre attenzione ai cambiamenti che stanno avvenendo di recente nella ristorazione collettiva.

Nella ristorazione “classica”, infatti,le materie prime vengono acquistate nei centri di approvvigionamento o direttamente dai fornitori primari (agricoltori, macellai, pastifici, ecc.) e in tal caso l’organico rappresenta i 3/4 della produzione di scarti, seguono la plastica, la carta e il cartone con circa un 10% e poi in minima parte (attorno all’1 e qualcosa per cento) materiali come alluminio, acciaio, cartone per bevande, tessili.

In alcune catene di ristorazione o tavole calde o mense ha preso molto spazio l’approvvigionamento con prodotti di quarta gamma e quinta gamma. La quarta gamma sono ortaggi o frutta lavata tagliata e pronta all’uso, confezionati in vaschette o sacchetti, mentre la quinta gamma sono prodotti cucinati, ma non surgelati. In questi casi la composizione della “pattumiera” del punto di consumo cambia ed è costruita solo dal 20% di organico, mentre la carta e cartone supera il 30%, la plastica si avvicina al 10%, così come il legno, e anche alluminio e acciaio arrivano a percentuali vicino al 5.

In realtà si tratta solo di uno spostamento della produzione di scarti organici verso i centri di preparazione industriale delle vaschette o dei cibi.

Siamo alle porte dell’Expo 2015 per il quale è stato introdotto un regolamento di green procurement nella fornitura dei servizi di ristorazione volti a ridurre i rifiuti ad esempio attraverso la scelta di stoviglie riutilizzabili, bevande alla spina, acqua in brocca, utilizzo di compostabili per gli usa e getta  ecc.,. Il tutto verrà accompagnato dalla raccolta differenziata. Secondo Lei rappresenta un modello ripetibile per i grandi eventi? E in generale per il settore della ristorazione?

È un modello vincente. In realtà già adottato da molte amministrazioni locali per eventi territoriali o per importanti manifestazioni come il Caterraduno di Senigallia o il salone del gusto – Terra Madre di Torino. Anzi proprio per questo penso che l’obiettivo del 70% di raccolta differenziata che si è dato per Expo sia una previsione troppo timida.

Oggi per manifestazioni che si possono progettare dall’inizio non è difficile ipotizzare un approccio rifiuti zero, come ad esempio proprio il Caterraduno di Senigallia.

Addirittura si sarebbe potuto adottare un disciplinare per i fornitori così da azzerare non solo i rifiuti in sede “gestionale” ovvero ad Expo aperto, ma anche per la fase di progettazione e costruzione. A mio avviso da questo punto di vista è stata un’occasione mancata.

Come AICA siete nel comitato promotore nazionale della SERR. Vi sono azioni segnalate nel campo della ristorazione collettiva? E qualcosa di specifico nella somministrazione del beverage?

Assolutamente sì. In particolare l’edizione 2014, che era stato annunciato come anno contro lo spreco di cibo che era anche il tema dell’edizione della SERR. Sempre più promosso e ricercato è il modello Ecoristoranti, partito dall’area metropolitana di Torino, dai 19 comuni del Consorzio COVAR14.

A Moncalieri, sempre in provincia di Torino, e a Roma è andato in scena il minestrone degli avanzi realizzato da volontari con gli scarti dei mercati ortofrutticoli e distribuito gratuitamente.

Nel campo delle bevande sempre più diffuse sono le campagne di promozione dell’acqua pubblica del rubinetto, oppure delle fontanelle pubbliche e delle cosiddette casette dell’acqua.

Quali sono le più diffuse best practice messe in campo nel settore della ristorazione dagli esercenti?

Quelle di più efficacia sono quelle che coinvolgono il cliente, stanno prendendo molto piede le classiche Doggy Bag, anche grazie alla pubblicità positiva di Michelle Obama, o la cessione della bottiglia di vino non completamente consumata, come Buta Stupa nelle colline piemontesi!

E quelle messa in campo dalle PA? Quali sono le misure pubbliche migliori da adottare per favorire la riduzione dei rifiuti nella ristorazione?

I marchi di qualità per promuovere resti di ristoranti e esercizi che si impegnano nella riduzione dei rifiuti sono strumenti vincenti, penso alla Regione Val d’Aosta, al Trentino, alla rete Ristoranti e Hotel Rifiuti Zero partita dal Conca Park Hotel di Sorrento o alla già citata rete di Ecoristoranti.

E’ tra gli organizzatori di Keep clean & Run. Di che cosa si tratta? Nella fase di “allenamento”, quali sono i principali rifiuti  che state riscontrando?

“Pulisci e corri” è una corsa di 400 km in 8 tappe consecutive da Aosta a Ventimiglia, con 17 mila metri di dislivello positivo. Vogliamo comunicare come i rifiuti in mare (priorità della commissione europea) sono generati per il 70% nell’entroterra. La bottiglietta che buttiamo per strada nelle nostre città presto o tardi arriva in mare e di lì entra nella catena alimentare senza uscirne più. Ad ogni arrivo di tappa le amministrazioni organizzano un evento straordinario di pulizia ed un incontro pubblico con i runner e alcuni testimonial che ci accompagnano.